Desideri, flessibilità e coraggio
Tumulti emotivi o fatica a sentirli?
Accadono entrambi e mai come in questo momento appartengono allo spirito del tempo. E più che frutto della cultura è frutto della storia, la storia di ciò che accade, anche perché ciò che accade nel nostro quotidiano influisce in modo sottile su tutti noi. È fondamentale prendere atto, con consapevolezza, di ciò che proviamo.
Come spesso accade traggo spunto dalle sedute di terapia con i miei pazienti…e in questo periodo, dopo quasi un anno e mezzo di grandi cambiamenti o sconvolgimenti che abbiamo vissuto tutti, percepiamo una sorta di prima, la vita di prima scontata e per certi aspetti sottovalutata, e un dopo, la nostra vita nel post-impatto da pandemia. Con tutte le sue fasi, la prima fatta di paura “ protettiva” quasi euforica, dove tutti eravamo ancora carichi del nostro “prima”; la seconda in autunno caratterizzata dalla preoccupazione, per il protrarsi della situazione; e la terza con forte caratterizzazione di hopelessness, il pessimismo, la sensazione di non avere speranza dove angoscia e panico sono spesso più evidenti.
Sicuramente il nostro cervello ha subito una situazione inaspettata che lo ha minacciato. Noi siamo cablati per essere animali sociali, ed è stata proprio la nostra socialità, la nostra vita sociale ad essere colpita e mutilata. Ma il nostro cervello è anche fatto per trovare soluzioni ed adattarsi. Abbiamo una grande capacità di adattamento, e spesso non siamo consapevoli di questa grande ricchezza e meraviglia che ci rappresenta, perché se no saremmo stupiti e sorpresi di questo grande tesoro. Ed è per questo che la nostra mente fa fatica, perché si è adattata. Seguendo la metafora che il cervello è l’hardware, la parte materiale, organica, fisica, e la mente il software, il o i programmi preposti al funzionamento, ora abbiamo un problema sul “software di sistema” che si riflette sul “ software applicativo”.
Per questo che ci troviamo di fronte principalmente a due tipi di reazioni, alternando timori a desideri.
C’è chi fatica a re immaginarsi e a tornare a vivere con speranza e chi desidera fortemente un ritorno al prima in modo quasi irrazionale. E come sempre l’equilibrio è complesso e faticoso.
Ci colpiscono sempre i termini anglofoni…il “languishing” che fa più effetto rispetto a “languire” nel malessere, con una sensazione di vuoto, di mancanza di prospettive che fa sentire una sorta di stagnazione cognitiva, dove in modo passivo si vede la vita come se avessimo gli occhiali appannati o come se fossimo dietro un vetro appannato. Il disagio psicologico è caratterizzato da “Psychological distress”, cioè da “disturbi da stress” o da “disturbi dell’adattamento”, tipici delle condizioni e sconvolgimenti che si protraggono nel tempo. E il tempo è ed è stato davvero tanto, quindi non è strano vedere conseguenze significative sulla pelle di tutti, sulla salute psichica, su quella fisica e con riflessi nei diversi ambiti della nostra vita: famiglia, relazioni, lavoro, scuola per i più giovani e stili di vita più in generale.
L’altra reazione contrapposta è caratterizzata da riluttanza all’obbedienza, principalmente caratterizzata da sfiducia e fatica ad adattarsi alle norme da seguire (anche per sicurezza e prevenzione). Questo è alla base delle violazioni delle regole e dei comportamenti trasgressivi visti settimane fa e nei mesi scorsi. C’è di fatto poca fiducia nella risposta ufficiale alla crisi che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo, anche e soprattutto a causa dei messaggi discordanti e contraddittori, con perdita di credibilità anche degli esperti con la sovraesposizione mediatica che ha dato davvero un brutto spettacolo. Alcune regole poi sono state poco credibili e quindi difficili da rispettare.
Così la mente fa quello che può cercando di adattarsi. Ma dobbiamo cercare gli adattamenti “ funzionali” a farci stare bene, o progressivamente almeno meglio, rispetto al malessere che sentiamo, sia che si tratti di languishing o di forte desiderio di trasgressione delle regole e comportamenti pericolosi.
È vero che ci troviamo di fronte ad un futuro diverso da quello che abbiamo sempre conosciuto, almeno fino a questo momento, fino ad un anno e mezzo fa.
Dobbiamo vivere senza vergogna le nostre vulnerabilità e le nostre fragilità, con consapevolezza e con flessibilità trovare un modo per re-agire, tirando fuori la parte migliore di noi stessi, quella che di solito si attiva per sopravvivere anche in situazioni estreme, per rialzare la testa…siamo cablati anche per questo per fortuna.
È vero che la pandemia ha sovverchiato e spazzato via le nostre vecchie certezze, ma possiamo e dobbiamo trovarne delle nuove per trovare nuove speranze. Anche nelle diversità che per fortuna ci caratterizzano come persone. Cercare dentro di noi il punto dove possiamo far scattare la speranza, il meccanismo “di far fronte”, che ci consente di fronteggiare e sentire “hopeness”, la speranza.
Non tutti abbiamo lo stesso modo di reagire e men che meno gli stessi tempi. L’importante è ritrovare dentro di noi l’entusiasmo e l’iniziativa. Sapendo anche che ci sarà qualcuno che reagirà prima di altri…il coraggio non è per tutti, ma chi rompe il ghiaccio di solito crea una situazione per cui altri lo seguono, e quindi prendono coraggio da lui.
Quindi chi ha coraggio lo tiri fuori, perché è sempre possibile reagire e lo sa bene chi è riuscito ripartire anche dalle macerie del proprio cuore e dai frammenti rovinosi della nostra umanità.
Avere anche il coraggio di cambiare visione della vita e cercare e ritrovare la passione. Da questo “qui e ora” bisogna uscire con ingegno, voglia, desiderio, cocciutaggine, forza ed entusiasmo anche per fare sacrifici per ritrovare la voglia di stupirci, il futuro che è in noi. Consentirci di immaginarci la voglia di vivere.
Vuol dire anche cambiamento nell’adattamento e vedere e agire quei comportamenti che prima non avremmo cambiato, magari accontentandoci. Dobbiamo uscire dall’accontentrarci del prima, sfoltire quelle imbracature che ci tenevano fermi, che di fatto ci trattengono dal ritrovare lo spirito per ricostruire.
In fondo quando ti tolgono la libertà, apprezzi cose che prima non vedevi.
Guardiamo dentro e fuori di noi per tornare ad avere il gusto del futuro, un futuro che forse dobbiamo nutrire e coltivare con coraggio, il coraggio di chi reagisce e torna a vivere.