Sarà che come psicoterapeuta lavoro con le ferite dell’anima e so quanto ognuna di queste porti in sé qualcosa di prezioso, se vista e curata, consolata e amata.
Forse perché ho dovuto partire dalle mie, ancor prima di pensare come Chirone, il mito del centauro guaritore ferito, di poter curare gli altri. Se non si parte da sé, il mondo è incomprensibile. Prima di pensare di curarlo devi comprenderlo.
In questo momento lo spaccato del mondo delle persone è stranamente simile, quasi allineato a livello temporale per tutti allo stesso modo. Questo è un altro risvolto degli effetti della pandemia negli ultimi mesi. Siamo stati tutti allineati, prima affrontando la paura e lo stare a casa, ora affrontando l’inquietudine della ripartenza, una ripartenza rabbiosa quando due settimane fa ci è stata limitata, una ripartenza timorosa per chi da ora ha attività da riaprire e non sa come andrà.
Come possiamo affrontare quanto sta accadendo e come possiamo “salvarci”? Ecco “salvarci” è stata una parola ricorrente nei colloqui di psicoterapia della scorsa e di questa settimana. È quasi sera e sento di doverlo scrivere.
Forse perché le persone si sentono a pezzi, si sono sentite andare a pezzi, sono di fronte ai loro pezzi. In questo momento è un sentire più comune di quanto ci si immagini, forse celato da un po’ di pudore, quindi confessato sottovoce nelle stanze chiuse di psicoterapia, il luogo protetto e sicuro dove ci si mette a nudo di fronte a se stessi. E in questo momento ci vuole coraggio, tanto coraggio e delicatezza nel farlo.
Dobbiamo prenderli in mano i pezzi, dobbiamo prendercene cura.
Il kintsugi o kintsukuroi è una tecnica giapponese che rappresenta al meglio quello in cui credo da sempre. Più che una tecnica è una pratica giapponese, che ne rappresenta la filosofia. Molto diversa dalla nostra, soprattutto quella nostra parte consumistica. Quando si rompe un oggetto noi buttiamo via i cocci, e a volte lo facciamo con rabbia. In Giappone dal XV secolo fanno l’esatto opposto: evidenziano le spaccature con colature in oro, impreziosiscono l’oggetto rotto… da un danno, con arte e pazienza aggiungono un valore, una preziosità.
Una metafora che rappresenta l’arte delle preziose cicatrici, le nostre. Perché sì le cicatrici delle nostre sofferenze possono essere questo, e come rompendosi, proprio come un vaso di ceramica, possa nascere qualcosa di prezioso, bello e unico.
Dalle ferite, dalle cicatrici, dalle nostre imperfezioni, può nascere qualcosa di prezioso valorizzando così le nostre fragilità. Un processo, in psicoterapia, che richiede pazienza, precisione, e come dicevo prima coraggio e delicatezza. Esaltare le ferite trasformandole in punti di forza.
Possiamo decidere di riprendere in mano la nostra vita nonostante il dolore che ci ha spezzati. Raccogliere i pezzi e con consapevolezza prenderci cura di noi o farci aiutare a farlo….. Proveremo qualcosa di sorprendente, anche e soprattutto perché non conosciuto….Tocchiamo e torniamo all’essenziale. Quello che abbiamo tra le mani e col cuore messo a nudo, che ci rende sempre più autentici, rimettiamo insieme i pezzi.
Kintsugi, da “kin” oro e “tsugi” riparare, riunire. Riunire i frammenti esaltando le rotture, impreziosendo le cicatrici. Pezzi unici e irripetibili gli oggetti, come unici e irripetibili siamo noi con le nostre esperienze di vita.
Forse dobbiamo rinunciare alle critiche a cui ci siamo abituati e non buttare via nulla della nostra esperienza, del nostro passato, come adesso del nostro presente. Il passato non lo possiamo cambiare, possiamo considerarlo in modo differente, guardandone le diverse sfaccettature. In questo periodo il nostro presente per come lo pensavamo è stato interrotto, spaccato, per questo tanti si sentono a pezzi ora e per affrontare una nuova prospettiva di vita dovremo tutti con arte riunire i nostri pezzi che, proprio perché nostri, manterranno sempre qualcosa che fa parte di noi e in quanto tale prezioso. Delle nostre fratture interne dovremo farne trame preziose. In fondo questa è resilienza…riuscire a valorizzare le proprie esperienze dolorose, prendendocene cura.
Solo così saremo liberi di coltivare la nostra individualità e il tipo di rapporto che sceglieremo con gli altri, i legami che sceglieremo di vivere.
Come esseri unici e preziosi. La nuova integrità dei sopravvissuti, non più in mille pezzi